La legge 328/2000: i progetti personalizzati (articolo 14)

L’articolo 14 reca la dicitura “progetti individuali per le persone disabili” (mentre il 16 è dedicato agli anziani e alle persone non autosufficienti, il 17 alle responsabilità famigliari e il 18 all’acquisto di titoli per i servizi sociali) ed è formato da tre commi:

  1. Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto individuale, secondo quanto stabilito al comma 2.
  2. Nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare.
  3.  Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite, nel rispetto dei principi di tutela della riservatezza previsti dalla normativa vigente, le modalità per indicare nella tessera sanitaria, su richiesta dell’interessato, i dati relativi alle condizioni di non autosufficienza o di dipendenza per facilitare la persona disabile nell’accesso ai servizi ed alle prestazioni sociali.

Quindi i progetti individuali sono gestiti a livello comunale (mentre i progetti di V.I. a livello regionale) e sono (o meglio dovrebbero essere) lo strumento principale attraverso il quale garantire una vera e propria presa in carico dei bisogni della persona. Lo scopo è quello di evitare che vengano erogate prestazioni e servizi senza tenere conto delle relazioni che esistono tra i diversi contesti (scuola, formazione, lavoro, tempo libero, sanità, riabilitazione, assistenza sociale, famiglia).  Il comma 2 è chiaro: “il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il Comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare.

Il progetto di vita, secondo la normativa nazionale, dovrebbe quindi costituire il fulcro principale del sostegno alle persone con disabilità. Qui si parla ancora di cura e riabilitazione, ma anche di integrazione e di misure di contrasto all’esclusione. Ma quel che è importante sottolineare è che gli interventi previsti dall’articolo 14 sono “multidimensionali”, non dimenticando neanche le relazioni interne alla rete famigliare, prevedendo anche dei sostegni economici, qualora ce ne sia bisogno.

Nel febbraio 2010 una sentenza del Tar della Sicilia ha decretato che “il Comune è obbligato a predisporre il “progetto individuale di vita per persona con disabilità previsto dalla legge 328/00 e, alle richieste pervenute, non può esercitare il silenzio – inadempimento.”

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